Al Presidente del Senato ON Franco Marini


Grazie Presidente

grazie a tutti coloro che sono qui presenti
e grazie
per l’opportunità che mi si è data per poter raccontare la storia di coloro che chiedono allo Stato italiano di essere riconosciute come “vittime”, con dei diritti e non solo con dei doveri.
Il 9 ottobre 1963, quasi 44 anni fa, un paese, Longarone, e 5 delle sue frazioni, furono rase al suolo nel tempo di 4 minuti, da una frana staccatasi dal Monte Toc ed entrata nella sottostante diga del Vajont.
Più di 2000 furono le vittime, più della metà non riconosciute e altrettante non ritrovate.
L’80% dei residenti quella notte perirono.
20 furono i bambini recuperati dalle macerie e dal fango, io sono una di quei bambini.
I nostri genitori sono morti nell’ambito del loro lavoro, noi sopravvissuti siamo, almeno sulla carta, orfani del lavoro.
Dico “almeno sulla carta” perché in realtà mai abbiamo avuto i diritti che sono, giustamente, di coloro che sono considerati orfani del lavoro; mai abbiamo avuto un’amministrazione, e tante sono passate in questi 44 anni a Longarone, che si siano occupate di noi, che abbiano legittimato per noi questi diritti.
Siamo stati dimenticati e lo siamo ancora e dallo Stato e, appunto, dalle amministrazioni.
Noi sopravvissuti, dopo aver perso i genitori, i fratelli, gli amici, i parenti, tutti,…il nostro paese, dopo aver perso la possibilità di aver una vita che, a 12 anni quanti ne avevo io, è pieno diritto avere, normale, fatta soprattutto d’affetti, dopo aver perso la nostra storia, la nostra MEMORIA, il nostro avvenire, beh, .. noi, colpevoli di essere non solo bambini ma VIVI, noi, dicevo, che per colpa di un desiderio di potere, assurdo, violento, abbiamo perso, non abbiamo avuto il diritto, e ripeto fortemente, IL DIRITTO ad avere una casa, un lavoro sicuro, il diritto ad una vita e ad un futuro il più possibile simile a quello che ci hanno tolto.
Noi sopravvissuti chiediamo il diritto ad essere riconosciuti come “Vittime”, perché lo siamo, perché portiamo sia nel fisico che nella psiche come conseguenza della tragedia, con tutto quello che tale definizione comporta, il diritto ad essere tutelati, curati per le varie problematiche non solo fisiche, nonché la possibilità, come orfani del lavoro, ad una pensione, a dei punti di invalidità date le problematiche che ho specificato innanzi, esenzione ai tiket farmaceutici e relativi alle visite specialistiche.
Ancora non abbiamo elaborato il trauma che quella notte ci ha profondamente cambiato ! Il trauma è forse la causa di sofferenza umana maggiormente elusa, ignorata, sottovalutata, negata, incompresa e non curata. I sintomi de trauma possono invadere ogni aspetto della nostra vita e sono sufficientemente potenti per distorcere il tessuto stesso delle nostre personali aspirazioni. Il trauma è una sostanziale frattura, ha a che fare con la perdita di contatto con noi stessi, la nostra famiglia e il mondo intorno a noi. Il trauma non è una malattia è uno stato di malessere. Il disagio è la spia di qualcosa dentro di noi che se rimane inattesa si trasforma nei sintomi del trauma. Alcuni di questi sintomi sono: ipervigilanza, flashback, irrequietezza, incubi e paure notturne, improvvisi sbalzi di umore, difficoltà a dormire, paura di impazzire. Ci sono dei sintomi che impiegano più tempo a svilupparsi come la timidezza eccessiva, reazioni emotive ridotte, incapacità ad assumere degli impegni, stanchezza cronica, energia fisica molto bassa, disturbi del sistema immunitario e certi disturbi endocrini, quali disfunzione tiroidea e malattie psicosomatiche in particolare cefalea, dolori al collo, alla schiena, asma, problemi digestivi,disturbi alimentari, depressione, senso di disagio incombente, sentirsi come “morti viventi”, distaccati, alienati ed isolati. Ridotta capacità di fare progetti e di realizzarli. Il trauma ci scollega sia da noi stessi che dal mondo che ci circonda.
Penso che dopo 44 anni lo Stato si debba far carico di queste nostre problematiche e delle nostre richieste soprattutto perché noi, finora, siamo stati gli unici a dover pagare sulla nostra pelle, e non solo, dato che anche i nostri figli pagano lo scotto di essere figli di “sopravvissuti”, la richiesta di un benessere che ne ha goduto e continua a goderne, tutta la comunità italiana !!
Grazie a nome mio e di tutti i sopravvissuti e superstiti.
Micaela Coletti
Presidente del Comitato Sopravvissuti del Vajont

ROMA:18giugno2007

0437 573002
339 8195144